Frammartino gira nel Pollino il suo nuovo film

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97463be4-2d9b-44fa-84cc-1308c997cf0dUn gruppo di speleologi che dal Piemonte arriva in Calabria e scopre una delle grotte più profonde del mondo; il territorio del Pollino, le sue suggestioni; un regista che del rapporto tra cinema e territorio, dello sguardo profondo sul territorio stesso, sulla sua anima, ha fatto la sua cifra stilistica originalissima, unica. Michelangelo Frammartino, pluripremiato autore, che con “Il dono” e “Le quattro volte” ha conquistato pubblico e critica internazionali, sta concludendo le riprese del suo nuovo film, “Il buco”, proprio in Calabria, in quel Pollino che fu scenario di questa storia, avvenuta nell’agosto del 1961, quando i giovani componenti del Gruppo Speleologico Piemontese, già esploratori di tutte le cavità del Nord Italia, scelsero di puntare al Sud, “nel desiderio di esplorare altre grotte sconosciute all’uomo, immergendosi nel sottosuolo di un Meridione, che tutti stavano abbandonando. Qui, nel Pollino, in Calabria, questi giovanissimi speleologi, calandosi nel buio della terra, scopriranno la seconda grotta più profonda del mondo, l’Abisso di Bifurto”.

“”Il buco” nasce dall’incontro con il territorio di San Lorenzo Bellizzi e in particolare con lo speleologo calabrese Nino Larocca che conosce profondamente l’Abisso del Bifurto”, ha affertmato il regista Michelangelo Frammartino, durante la conferenza stampa di fine riprese. “Sono quattro mesi che io e la mia troupe giriamo all’interno di questa grotta. Abbiamo sfidato il buio, l’isolamento, il vuoto per raccontare l’impresa di dodici speleologi che nel 1961 decisero di scendere in Calabria ed esplorare altre profondità”. Ieri, negli spazi del centro polifunzionale di San Lorenzo Bellizzi, dunque, l’incontro con la stampa per annunciare la chiusura delle riprese del film. Al tavolo dei relatori: il Presidente della Calabria Film Commission, Giuseppe Citrigno; il Presidente del Parco nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra. Con loro, il regista Michelangelo Frammartino; il produttore di Doppio Nodo, Marco Serrecchia; il Presidente della Società Italiana Speleologi, Vincenzo Martinucci; il Sindaco di San Lorenzo Bellizzi, Antonio Cersosimo e i 12 speleologi che compongono il cast. La fotografia è firmata dal grande Renato Berta, che ha lavorato con maestri della cinematografia come Godard, Resnais, Rohmer, Rivette, Malle, Téchiné, Huillet-Straub, De Oliveira, Gitai, e ha ricevuto, tra gli altri, riconoscimenti anche in Italia con Martone (David di Donatello per la Migliore fotografia di “Noi credevamo”).

L’Abisso del Bifurto, i piani del Pollino, San Lorenzo Bellizzi, le fiumare di Civita e Cerchiara sono le location del film.  Frammartino “ha scelto di tornare a girare all’interno del Parco Nazionale del Pollino, un sistema montuoso al confine tra Calabria e Basilicata dai picchi impervi di una bellezza immacolata, conosciuto anche come luogo d’incontro tra le uniche tipologie umane in grado di affrontarlo e abitarlo, qui dove ancora resistono i culti arborei di cui è profondo conoscitore Frammartino: ”Dopo le Quattro volte ho deciso di raccontare la storia di un gruppo di speleologi che, in pieno boom economico, hanno deciso di scendere nel Sud ed immergersi nel buio di una grotta”.

“Il progetto di Frammartino rappresenta per la Caalbria Film Commission un vero e proprio fiore all’occhiello – commenta il Presidente Citrigno – uno dei registi più talentuosi del panorama nazionale attenzionato dalla critica internazionale. Un film che lancia un messaggio in piena sintonia con la mission di rilancio dell’immagine del territorio avviata da tempo dalla Regione Calabria e dalla Film Commission”.

Siamo certi che questo film saprà raccontare l’immenso patrimonio del nostro territorio e le potenzialità del Parco del Pollino – afferma il Presidente del Parco, Domenico Pappaterra – Grazie alle sinergie con la Regione Calabria, gli enti, le amministrazioni locali e la Film Commission stiamo ottenendo grandi risultati e le ricadute economiche e culturali sul territorio sono già evidenti. L’opera di Frammartino girerà il mondo e comunicherà anche il calore e l’accoglienza delle nostre comunità e lo straordinario rapporto che hanno con la natura che li circonda”.

Per usare un termine cinematografico, potremmo dire che le grotte costituiscono un fuori campo assoluto – conclude Frammartino – anche perché la notte eterna che regna al loro interno sembrerebbe quanto di più ostile alla macchina da presa. Eppure, chi ama il cinema sa bene che il fuori campo, l’invisibile, rappresentano la sua “sostanza” più profonda. Questo territorio ha un legame particolare con la natura in controtendenza con la cultura occidentale. Qui noi della troupe e il nostro cast abbiamo scoperto che si può diventare tutt’uno con essa. Personaggio del film è, dunque, la grotta e il movimento dei corpi si immergono al suo interno”.