“Noi e la Giulia”: un’altra commedia è possibile

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Un’altra commedia è possibile (come, peraltro, lo stesso Edoardo Leo ha affermato poco tempo fa). Un altro modo di raccontare i “ragazzi degli anni ‘80” è possibile: seguendo magari la linea Nick Hornby, vista anche l’origine letteraria del film, ma pure il collegamento tra i libri dell’autore e le trasposizioni cinematografiche. Insomma, un’analisi ironica e controcorrente della generazione nata negli anni ’70 (o giù di lì), ma che si distanzia dal tono dell’humor freddo inglese, un po’ cinico, per riprendere lo stile che ci è proprio, in cui si mescola commedia e creatività.

“Noi e la Giulia”, il nuovo film di Edoardo Leo, è un esempio di come si possa ridere e riflettere insieme, oltre gli stereotipi ed i luoghi comuni, anzi usandoli per riderci su (dalla contrapposizione politica all’immagine del “fallito” che diviene tale solo perché non aderisce all’idea di successo, che proprio negli anni ’80 è divenuta dominante). E poi, la lotta alla mafia, più in generale alla sopraffazione, alla legge del più forte, anch’essa evidenziata attraverso il taglio della commedia. Il regista si conferma, dunque – con questa storia di quattro “over 40” che cercano di cambiare vita trasformando un vecchio casale in un agriturismo – autore ed interprete di un percorso verso una commedia differente, che autenticamente si ispira alla migliore tradizione della commedia all’italiana, rivisitandola con uno sguardo attuale, mai banale, sul mondo di oggi, sulla generazione forse più colpita da una crisi identitaria, che però è ricca di una creatività di cui questo film è testimonianza. Spunti di scrittura divertenti e innovativi, una sceneggiatura (scritta da Leo insieme, come nel suo film d’esordio, a Marco Bonini) ritmata e intelligente, attori straordinari (su tutti, grande prova di Claudio Amendola e di Carlo Buccirosso): a dimostrazione – come peraltro già era accaduto per le precedenti prove del regista o con un altro film di successo da lui interpretato, “Smetto quando voglio” – che, anche senza “effetti speciali” e senza abbassare il tono e il linguaggio, un altro modo di raccontare, al cinema, è ancora possibile.

 

P.S. E, naturalmente, non si può dimenticare anche l’ambientazione: il casale si trova in quella Basilicata che è ormai diventata un grande set. Tra l’altro, non è la prima volta che Edoardo Leo sceglie il sud, come set ma pure come protagonista dei suoi film: il suo debutto dietro la macchina da presa, ovvero “18 anni dopo”, lo ha visto infatti approdare in Calabria per ambientarvi una storia intensa e un po’ surreale.